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La seguente biografia è tratta, su gentile concessione, dal sito www.marcoariatta.com.
Ernesto Stanglini (Furio) è nato a Castello d'Agogna (PV) il 26 aprile 1922 nella cascina Vallelunga. Come molti ragazzi del 1922 Stanglini fu reclutato e armato per la guerra. Partito da Zeme nel gennaio del 1942, fu dapprima mandato in Sicilia con il 29° Rgt. Fanteria per poi entrare a far parte dei carabinieri ausiliari su consiglio dello zio paterno Pacifico Ariatta. Di stanza a Gorizia, Ernestino, come era consuetudine chiamarlo in famiglia, si trovò nei Balcani l'8 settembre 1943. Catturato dai tedeschi e caricato su un treno, giunse alle porte di Stoccarda dove arrivarono anche dei bersaglieri fatti prigionieri a Milano nei giorni precedenti e, tra questi, c'era Giuseppe Bonardi, anch'esso di Zeme. I due compaesani si trovarono in quell'orribile contesto e, presi dai disagi e spinti dagli ufficiali, accettarono di collaborare con i nazisti per tornare in Italia. Con loro c'era un altro carabiniere di Bari, tale Agostino Ventrelli, il quale resterà con i lomellini sino alla fine della guerra. Dalla Germania, passando per Praga, furono destinati a Debica, in un campo di prigionia in Polonia per essere impegnati nell'istruzione militare e la quarantena. Il Natale del 1943 lo passarono tra le nevi polacche con temperature che sfioravano i 30° sotto zero. Nel febbraio dell'anno seguente, gli italiani aderenti alle file tedesche furono caricati su un treno piombato e, attraverso il Brennero, arrivarono il 18 di quel mese a Pinerolo. Stanglini, Bonardi e Ventrelli furono mandati a Luserna San Giovanni (TO) e per qualche settimana, con gli ufficiali italiani e gli osservatori tedeschi, rimasero nella pigrizia della caserma. Un giorno di marzo però, i graduati italiani disarmarono i corrispettivi nazisti e lanciarono dei razzi di segnalazione verso le montagne. Gli ufficiali che prima avevano accettato di collaborare con i tedeschi avevano preso accordi con i partigiani garibaldini e fecero salire in montagna armi e munizioni. Molti tornarono alle loro famiglie, altri continuarono la loro esperienza militare a fianco dei fascisti, mentre altri ancora rimasero alla macchia insieme ai partigiani. I tre amici, ora partigiani, restarono uniti sino a quando, a fine giugno, ci fu lo scontro con le brigate nere fasciste. Giorni prima i "banditi" avevano interrotto le comunicazioni tedesche e la rappresaglia non si fece attendere. Arrivarono ai piedi della montagna le autoblindo fasciste sotto il fuoco delle mitragliatrici dei partigiani che si trovavano in posizione di vantaggio. Staglini era a una cinquantina di metri da Bonardi, impegnato con una vecchia mitragliatrice Fiat a raffreddamento ad acqua. Nella confusione del combattimento Ernesto venne colpito. Un colpo al petto l'aveva colpito. Si trovava alla Rorà nei pressi di Montoso (Bagnolo Piemonte). I partigiani che coccorsero Stanglini dissero che le sue ultime parole furono "Viva l'Italia". Finita la guerra, nel novembre 1945, la famigliadi Ernesto volle riportare a casa la salma e, una colletta pubblica, permise di tumularlo nel cimitero comunale alla presenza di numerosi partigiani e gran parte dei sindaci dei comuni vicini. In località Ponte Vecchio in Val Luserna è presente una lapide commemorativa in nome del partigiano Furio. Così pure il Sacrario presente in località Montoso riporta il nome "Stangini Ernesto" nella lapide n. 18. |