Nato a Tarnobrzeg (Polonia) il 30 dicembre 1891. Arriva a Milano nel febbraio del 1936 con un regolare permesso di lavoro, insieme alla moglie, Pessla Hauser, e ai due figli Jakob Lazar e Alter Nissim, per sfuggire alle persecuzioni in atto nel suo paese. A Milano apre un negozio di abbigliamento maschile. Nel 1940 è internato nel campo di Ferramonti (Cosenza) insieme alla famiglia. L’ 8 ottobre 1941 tutta la famiglia Sturm è destinata a Belgioioso (PV) in internamento libero e qui rimane per tre anni dal 13 ottobre 1941 fino all’arresto il 10 ottobre 1944. Isaak viene arrestato con la famiglia a Belgioioso il 10 ottobre 1944 da elementi della Guardia Nazionale Repubblicana accompagnati da un militare tedesco. Seguendo la stessa sorte della moglie e dei figli, è detenuto nel carcere di Milano, poi inviato al campo di Bolzano, e da lì deportato ad Auschwitz con il convoglio n. 18 partito il 24 ottobre 1944 con arrivo il 28 ottobre. Supera la selezione e viene trasferito a Flossemburg dove muore il 30/11/1944.
Qui di seguito la ricerca effettuata da Attilia Zanaboni e Claudia Terna di Belgioioso sul periodo vissuto a Belgioioso dalla famiglia Sturm. Purtroppo non è stato possibile inserire in questo sito, per questioni grafiche, i numerosi documenti a cui fanno riferimento molti passi di questo lavoro.
PASSATI DA QUI
La famiglia Sturm a Belgioioso 1941 - 1944
“A person is only forgotten when his or her name is forgotten.”
“Una persona è dimenticata solo quando il suo nome è dimenticato”
Sono parole del Talmud che hanno ispirato il progetto delle Pietre d’Inciampo dello scultore tedesco Gunter Demnig, che è già diventato il più grande monumento diffuso della Shoah. Ad ogni vittima che ha visto annullata nel lager la propria identità, viene restituita dignità e memoria attraverso la posa di una pietra che riporta incisi su una piccola targa di ottone un nome, una data, un luogo, collocata davanti alla sua ultima abitazione conosciuta. Un inciampo visivo che fissa nella nostra memoria le storie delle tante vittime della deportazione e dello stermino.
ONE STONE, ONE NAME, ONE PERSON. Una pietra, un nome, una persona.
E sono ormai decine di migliaia.
Una storia. Una delle tante che piano piano, anno dopo anno, escono dal buio della nostra memoria collettiva dove indifferenza, revisionismo, negazionismo, le hanno celate per tanto tempo. Storie che riprendono vita da quando i protagonisti, i sopravvissuti alla Shoah, hanno iniziato a raccontare. Come è accaduto per tanti, si è dovuto aspettare che si sciogliesse ciò che Liliana Segre chiama il “groviglio interiore”. Un silenzio doloroso, ma protettivo, necessario perché “Il mondo - dice ancora la Segre - non ci capiva e non aveva voglia di capirci”.
Deve essere stato così anche per Jakob Sturm, uno dei protagonisti del nostro racconto, che nell’intervista rilasciata a Liliana Picciotto del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano, ci fa dono, faticosamente, della sua storia. Un’intervista che vi invito ad ascoltare, toccante seppur costellata di tanti, comprensibili, “non ricordo”.
E tante storie emergono ancora dal buio, grazie anche a quelle piccole, lucenti pietre preziose chiamate Stolpersteine, per noi Pietre d’inciampo, che splendono nell’asfalto o nel selciato delle strade e dei marciapiedi dei più disparati luoghi d’Europa, incontrando i nostri occhi bassi e risvegliandoci dall’indifferenza ancora troppe volte protagonista dei nostri giorni frettolosi.
Attilia Zanaboni
Non esiste separazione definitiva finché esiste il ricordo.(Isabel Allende)
Non credo alle coincidenze, eppure ho conosciuto la signora Pessla Eva Sturm Stern proprio il 10 ottobre 2018, esattamente settantaquattro anni dopo la deportazione della sua famiglia da Belgioioso al Campo di Auschwitz, avvenuta il 10 ottobre 1944.
Approfondire le ricerche è diventato doveroso, per consegnare a Pessla, figlia di Jakob, unico sopravvissuto della famiglia Sturm, piccoli frammenti del suo passato a lei ignoti.
Ho quindi accolto con slancio ed entusiasmo la proposta di Attilia Zanaboni, presidente dell’ANPI di Belgioioso, di collaborare per l’avvio delle pratiche per la posa delle Pietre d’inciampo, perché sono convinta che Belgioioso e i belgioiosini debbano conoscere questo pezzo di storia che non si trova sui testi scolastici e neppure nei documentari dedicati alla Shoah.
Una storia semplice, di persone che, pur nella breve permanenza a Belgioioso, hanno lasciato ricordi a chi ha condiviso con loro quelle giornate di guerra che, come mi viene fatto notare, “...se non le hai vissute non puoi capire...”.
Inizia così il mio percorso a ritroso cercando di focalizzare l’attenzione sui cortili di Via Strambio, rione in cui la famiglia Sturm ha abitato dal 1941 al 1944.
Il lavoro non mi risulta affatto difficile: conosco il mio quartiere abbastanza bene e comincio così a bussare alla porta di chi, sicuramente, abitava in questi luoghi tra la fine degli anni “30 e la prima metà degli anni “40, con la speranza che qualcuno di loro possa ricordare.
Claudia Terna
A Pessla Eva Sturm Stern
affinchè Belgioioso possa restituirle una parte della sua storia, passata dolorosamente anche da qui
In memoria di quelle donne, di quelle madri, di quelle figlie, di quegli uomini, di quei padri, di quei figli, che videro umiliata, calpestata, la propria dignità e a cui la vita fu strappata perché “indesiderati”, Belgioioso ricorda una pagina della storia colma di sofferenza, ma anche di coraggio, il coraggio di ricominciare, e rammenta che quei terribili anni non furono così distanti dalla propria terra, tanto da toccarle il cuore.
La famiglia Sturm visse proprio qui, in Via Strambio. Una madre, un padre, due figli maschi, seppero trovare momenti di pace e di serenità tra le vie di Belgioioso, prima che l’atroce destino rubasse loro il futuro. Furono deportati ad Auschwitz perché macchiati della colpa di essere “diversi”.
Diversi da chi? Diversi perché?
Quanti occhi limpidi, smarriti e confusi, vennero coperti da un velo di terrore e infine chiusi? Quante lacrime rigarono il viso di anime innocenti? Quante madri e quanti padri non videro crescere i propri figli? Quante figlie e quanti figli non divennero madri e padri?
E’ proprio l’assenza a raccontare il grande dolore e il senso di vuoto, che le vittime della shoah vissero e lasciarono.
Nel buio fitto che avvolse quella tragica pagina della storia, brillarono le luci di quanti ebbero la forza di mettere a repentaglio le proprie vite per salvare un loro “fratello”, anche se non poterono cancellare le colpe di chi per timore, fanatismo o interesse divenne complice di un dramma.
La memoria e il ricordo di questa “tempesta devastante”, dello sterminio di un popolo, della sconfitta dell’umanità intera, devono indurre ciascuno di noi a comprendere come un uomo possa compiere gesti privi di senso alcuno.
Ogni donna, ogni uomo deve voler costruire una società fondata sul dialogo, sulla bellezza e sulla ricchezza delle “diversità”, sul forte senso di appartenenza a un mondo eterogeneo e per questo meraviglioso, per dissolvere le nubi che hanno oscurato e che ancora oscurano i cuori.
Belgioioso non vuole dimenticare, ma ricordare passo dopo passo il proprio passato, “inciampando” nella memoria di ciò che fu. Inizia il viaggio per giungere nel 2020 alla posa delle Stolpersteine dell’artista Gunter Demnig, quale traccia indelebile della presenza della famiglia Strum a Belgioioso.
Belgioioso scriverà una nuova pagina della propria storia grazie a due donne tenaci, Claudia Terna e Attilia Zanaboni, che hanno saputo dare forma e sostanza al loro amore per la nostra Città.
Il Sindaco
Avv. Francesca Rogato
Isacco Sturm, Pessla Hauser, Jacob Sturm, Alter Nissim Sturm
Sono in quattro, una famiglia. Sono ebrei polacchi provenienti dal campo di internamentodi Ferramonti di Tarsia, in provincia di Cosenza.
Usufruiscono, come altri ebrei stranieri internati in Italia, della possibilità concessa a partire dal 1941 dal Ministero dell’Interno di presentare istanza per passare al regime di “libero internamento”, scegliendo la provincia nella quale trasferirsi per giungere con foglio di via obbligatorio in varie località sparse nel nord della penisola. Praticamente al confino.
Nella provincia di Pavia sono 24 gli ebrei stranieri che scelgono l’internamento “libero”, collocati dalla Questura in 10 comuni; di queste persone, nove sono inviate in tre paesi della nostra Bassa:
- a Belgioioso sono in quattro, la famiglia Sturm, appunto;
- a Villanterio ci sono Josef e Rosa Ebstein, padre e figlia di nazionalità tedesca e un signore polacco, Salomone Jejcies;
- a Landriano ci sono i fratelli Max, Sigmund e Sofia Bick, tedeschi; arrivati a Milano nel 1935 e partiti da Ferramonti un mese prima degli Sturm;
Destinati a Belgioioso dal Ministero dell’Interno con foglio di via obbligatorio, Isacco, Pessla, Jakob e Alter Nissim Sturm sono preannunciati da una comunicazione della Regia Prefettura di Pavia, che in data 24 agosto 1941 mette in allerta il comune affinché trovi loro una sistemazione.
Ma, a giudicare dalla risposta del podestà di Belgioioso, ancora non sono arrivati e già costituiscono un problema! Il Comune dichiara, infatti, di non essere in grado di provvedere all’alloggio di “neanche un nucleo di familiari ebrei” e, cercando una soluzione, interessa del loro arrivo anche le suore canossiane, la cui madre Superiora riesce a recuperare e consegnare al comune l’occorrente per attrezzare almeno una camera da letto.
Il 13 ottobre 1941, la famiglia Sturm arriva a Belgioioso
Ad accoglierla, in municipio, un lungo elenco di “prescrizioni” in 14 punti, del quale viene crupolosamente messa a conoscenza dal Podestà con “ammonimento all’osservanza”.
E’ un susseguirsi di: “non possono”, “devono”, “potranno”; e poi ancora “devono”, “devono”, “non possono”, “non possono”…
Però, gli Sturm sono autorizzati ad alloggiare presso l’albergo Giovanetti e a consumare i pasti per conto loro, nelle camere assegnate. L’opera caritatevole delle Canossiane non servirà: il Podestà ringrazia la Superiora per l’interessamento, dispiaciuto per il disturbo arrecato.
Ma chi sono queste quattro persone?
Una famiglia, come tante. Il capofamiglia, Isacco (Isaac), nato a Tarnobrzeg, in Polonia, l’ 8/11/1891, è un commerciante che nella sua cittadina di nascita possedeva un negozio di abbigliamento maschile ben avviato; è sposato con Pessla Hauser, casalinga, anch’essa di Tarnobrzeg dove era nata l’ 8/05/1889, dalla quale ha avuto due figli maschi: Jakob, nato il 2/07/1921, è pellicciaio, e Alter Nissim, nato il 7/05/1929, è studente. In realtà, sappiamo che prima di Jakob era nata una bambina, che purtroppo non era sopravvissuta; per questo motivo, i coniugi Sturm scelgono di farlo nascere ll’ospedale di Cracovia.
Arrivati in Italia il 2 febbraio 1936, gli Sturm si sono stabiliti a Milano, dove Isacco riprende la propria attività di commerciante. Sono in possesso di regolare passaporto rilasciato dalle autorità polacche e permesso di soggiorno da quelle italiane. Poi arrivano le leggi razziali, l’entrata in guerra dell’Italia e, subito dopo, il 15 giugno 1940, l’ordine di arresto per gli uomini ebrei di età compresa tra i 18 e i 60 anni di nazionalità tedesca, polacca e ceca, oppure apolidi, mentre donne e bambini sono destinati all’internamento. Dunque, anche gli Sturm, ebrei stranieri considerati nemici, sono inviati al campo di Ferramonti di Tarsia.
A Belgioioso, dopo un periodo trascorso alla locanda Giovanetti, gli Sturm trovano alloggio in Via Strambio, in una casa in affitto. Le loro giornate procedono segnate dagli obblighi di firma, uno al mattino e uno al pomeriggio, presso la caserma dei Carabinieri, allora ubicata in Via Garibaldi di fronte al Municipio. Pian piano conoscono i loro vicini del cortile, poi quelli della via. Si mostrano gentili con tutti, soprattutto con i bambini. I loro figli frequentano, per quanto possibile, i coetanei.
Il signor Giovanni, classe 1929 racconta:
“Anche se abitavo a Santa Margherita, conoscevo la famiglia Sturm, Nissim aveva la mia età. Io e alcuni miei amici andavamo all’oratorio a giocare, così, un giorno, gli chiedemmo se volesse venire con noi e lui accettò. Era un bravo bambino, educato e socievole, ricordo che era un po’ cagionevole di salute. Vedevo spesso anche il papà, Isacco, passeggiare in piazza o in giro per il paese”
Nel frattempo, già dal novembre 1941 e almeno per i successivi due anni, mantengono contatti con parenti e conoscenti attraverso la corrispondenza, che devono consegnare al Podestà aperta ed affrancata affinché possa essere sottoposta alla censura e successivamente inoltrata dalle autorità.
Dalla Questura vengono dati ripetuti avvisi che eventuali tentativi di elusione delle disposizioni in merito verrebbero rigorosamente repressi con seri provvedimenti disciplinari, non escluso il trasferimento in campi di concentramento.
Isacco si attiene alle disposizioni, inviando diverse cartoline in Italia e all’estero, ma ad un certo punto chiede di essere esentato dall’affrancatura, ritenendo di avere diritto alla franchigia postale in quanto internato civile; dalla Questura viene chiarito che questa istanza non può essere accolta, in quanto gli Sturm sono considerati “internati per motivi di polizia”.
Isacco, Jakob, e Alter Nissim si danno da fare con piccoli lavori per mantenersi dignitosamente, poiché il sussidio al quale hanno diritto non copre tutte le necessità della famiglia, essendo stato calcolato sui bisogni della popolazione rurale povera di allora.
Si tratta di una indennità di alloggio pari a 50 lire mensili, alla quale si sommano 8 lire al giorno per il capofamiglia, 4 lire per la moglie e altre 3 lire al giorno per ciascuno dei due figli.
Incontro il signor Angelo, classe 1938 e, alla richiesta di raccontarmi qualche ricordo della famiglia Sturm, mi risponde che negli anni “40 era molto piccolo ed è ormai passato troppo tempo. Allora gli comunico che ho rintracciato Pessla, la figlia di Jakob, il sopravvissuto, e tutto cambia: dopo un attimo di sincera commozione, inizia a raccontarmi.
“Io, Armando e Giancarlo avevamo poco più di quattro anni quando gli ebrei vennero ad abitare nel cortile di fronte al nostro. Vedevamo più spesso i genitori, Isacco e Pessla, raramente i due ragazzini, anche se mi ricordo che Nissim, il più piccolo, aggiustava le biciclette e i primi ciclomotori nel piccolo rustico annesso alla loro abitazione. Faceva questi lavoretti per guadagnare qualche soldo”.
Dopo breve tempo, Pessla manifesta i primi problemi di salute. Per gli Sturm, sottoposti all’obbligo di firma e alle disposizioni restrittive che hanno dovuto sottoscrivere al loro arrivo a Belgioioso, anche curarsi non è semplice: occorre richiedere l’autorizzazione per una visita, o per recarsi dal dentista, poi firmare in Questura, sia all’arrivo che alla partenza. Ogni volta. E il medico deve certificare che siano necessari ulteriori appuntamenti per avere l’autorizzazione ad altri spostamenti, come avviene per le cure del dentista, il dott. Cattaneo, con studio in via Frank a Pavia.
Inutile dire che il costo per le visite e le cure deve essere sostenuto da Isacco, ma il sussidio non copre tutte le spese.
Pessla, quindi, il 20 ottobre del 1941, chiede di recarsi a Milano presso il Comitato Israelitico dove potrebbe ottenere gratuitamente una visita radiologica. La risposta, piuttosto tardiva, arriva il 28 gennaio 1942 ed è negativa: nessun trasferimento a Milano, l’internata è autorizzata, invece, a recarsi a Pavia per sottoporsi alla medesima visita, ma a pagamento.
Arriva la Pasqua del 1942, che cade il 5 aprile, e per gli otto giorni della festività ebraica, dall’1 al 9 dello stesso mese, il Ministero dell’Interno autorizza l’Unione delle Comunità Israelitiche Italiane ad inviare agli internati ebrei il quantitativo di pane azzimo occorrente per i riti religiosi.
La signora Piera, classe 1940 abitava a pochi passi dal cortile dove viveva la famiglia Sturm e mi racconta che, nonostante allora fosse molto piccola, ha conservato ricordi nitidi di tutti loro, molti dei quali tramandati dalla sua mamma Gina.
“Noi (riferito alla sua famiglia e a qualche altro residente di Via Strambio) non chiamavamo la signora con il suo vero nome, Pessla, ma Perla, che ci risultava più facile ricordare. Mi piaceva andare a casa della signora Perla perché mi dava sempre le caramelle. Per tenere ordinati i capelli portavo spesso un nastro bianco: un giorno Perla me ne regalò uno molto colorato che ho conservato fino a pochissimo tempo fa.
La mia mamma mi raccontava che tutti i giorni vedeva passare a piedi la signora e qualche volta le offriva un mazzetto di insalata o dell’altra verdura che coltivava nell’orto. Era sempre ben curata sia nell’aspetto fisico che nell’abbigliamento. Isacco l’ho visto qualche volta: ricordo che era un uomo molto elegante e spesso portava uno strano cappello, mai visto indossare agli uomini di Belgioioso. (Era il kippah, il classico cappello che portano i maschi ebrei praticanti nei luoghi di culto, ma i più religiosi lo portano anche nella vita quotidiana). Un giorno mia mamma Gina andò a casa della signora Perla, forse per portarle della verdura e, rincasata, raccontò con molto stupore ciò che aveva visto. Ci descrisse la tavola apparecchiata con stoviglie molto lussuose, una tovaglia linda e ricamata e un bellissimo candelabro al centro della mensa. Ci disse che sembrava una tavola...come quella che si vede al cinematografo...!
Ricordo bene anche i due figli, Jakob e Nissim, bambini molto educati e rispettosi, anche se con loro non ho mai giocato in quanto erano più grandi di me”.
Il signor Angelo continua a raccontare...“Noi bambini eravamo incuriositi dalle usanze legate alla loro religione nel giorno del sabato. Ci mettevamo sotto la finestra che dava sulla strada e restavamo incantati nel sentire quelle cantilene in una lingua a noi sconosciuta. Era il papà che leggeva e gli altri familari rispondevano in coro e qualche volta intonavano anche dei canti”.
Incontro anche la signora Franca, classe 1937; tutti i giorni andava a casa dei suoi nonni che abitavano proprio a fianco della famiglia Sturm.
“Ero veramente molto piccola e di loro ho un ricordo molto vago. Abitavano in una casa piccola, forse con sole due stanze, una al piano terra ed una al primo piano. Li ho visti poche volte, ma mia nonna mi raccontava le loro usanze religiose che a sua volta le venivano narrate da Pessla, con la quale aveva un buon rapporto”.
La signora Maria Luisa, classe 1936 ricorda con affetto, e il suo racconto aggiunge notizie sulla breve storia della famiglia Sturm a Belgioioso.
“Vedevo spesso la famiglia Sturm: il cortile dove abitavo era separato solo da una rete metallica da quello in cui vivevano “i polacchi”. Così li chiamava la mia famiglia, a sottolineare il fatto che provenivano dalla Polonia. Ho ben presente, come fosse ora, la figura del papà Isacco, che io, con l’ingenuità di una bambina, identificavo come Mosè: il suo aspetto fisico era infatti molto simile a quello del liberatore del popolo ebraico dalla schiavitù d’Egitto e la barba un po’ folta lo rendeva ancora più somigliante. Indossava sempre abiti scuri e un copricapo e lo vedevo uscire dal cortile a piedi, forse per recarsi presso la caserma dei carabinieri per l’obbligo di firma giornaliero.
Sua moglie Pessla veniva sovente nel mio cortile, per scambiare qualche parola: parlava bene l’italiano e spesso esaudiva la curiosità delle donne del cortile che le chiedevano quali fossero le tradizioni Religiose e le usanze ebraiche. A volte capitava che noi bambini, per curiosità, ci intrufolavamo nella loro casa (allora, le porte d’ingresso non venivano chiuse a chiave): salivamo, senza farci sentire, la ripida scala che portava al piano superiore e silenziosamente, inginocchiati sull’ultimo gradino, scrutavamo la stanza.
La signora Pessla, che udiva il rumore e capiva che cercavamo di nasconderci, ci faceva cenno di entrare; così, un po’ intimoriti, osservavamo tutto ciò che c’era sulla tavola e prima che tornassimo sui nostri passi, ci regalava delle caramelle. Dei due ragazzi ricordo molto bene il più piccolo, Nissim. Pur non potendo frequentare la scuola, a causa delle leggi razziali, era un ragazzo molto intelligente: due insegnanti della scuola di Belgioioso, che abitavano in Via Strambio, spesso chiedevano al ragazzo di prestare loro i suoi quaderni, affinché potessero far notare agli alunni l’ordine e la precisione. Nissim era un ragazzo da prendere come esempio!
Aiutava la famiglia nei lavori domestici: era suo il compito di cavare l’acqua dalla piccola fontana (la trumba) posta in cortile e portare in casa i secchi”.
2 maggio 1942 Jakob chiede la licenza di pesca come dilettante, forse per contribuire al fabbisogno alimentare della famiglia, forse per integrare il misero sussidio vendendo il pesce del nostro fiume ma, nonostante la Questura, in data 6 maggio 1942, non rilevi alcuna ragione nelle disposizioni allora vigenti per vietare il rilascio di licenza agli ebrei, questa di fatto viene negata dalla stessa autorità solo poche settimane dopo.
Il 30 maggio 1942, con indicazioni di urgenza, un telegramma avvisa il Podestà che, a seguito delle disposizioni di legge, si deve procedere alla precettazione degli ebrei, anche discriminati, per lavori di interesse pubblico. Pertanto, si ordina che tutti gli ebrei, sia maschi che femmine, di età compresa tra i 18 e i 55 anni dichiarino generalità, condizioni fisiche, professione e capacità lavorativa, oltre alla posizione familiare e alla residenza, per formare appositi elenchi.
Il telegramma contiene anche una ulteriore disposizione, che risulta alquanto stonata in questa vicenda, atta ad impedire ogni “trasferimento estivo per tutte le località del regno” salvo autorizzazione della Questura per “comprovati motivi di carattere eccezionale” ed in ogni caso sono escluse località di “villeggiatura di lusso”!
Dal documento che il comune compila relativamente ai componenti della famiglia Sturm risulta che Isacco, evidentemente non in buona salute, viene dichiarato inabile al lavoro; per Pessla, casalinga, viene dichiarata una capacità lavorativa mediocre; Jakob, il figlio maggiore, di professione pellicciaio, dichiara di svolgere già lavori agricoli; Alter Nissim, in età scolare, non viene precettato.
Lavoro sì, lavoro no, lavoro forse...Ma, infine, cosa si vuole da questi ebrei?
Un curioso documento della Questura in data 31 luglio 1942 chiarisce cosa intenda il Ministero riguardo la possibilità di lavoro per gli ebrei internati.
Lavoro sì: se a scopo di pubblica utilità, in pratica sfruttamento del lavoro.
Lavoro no: di esercitare libere professioni neanche a parlarne!
Lavoro forse: “purché questo non danneggi la mano d’opera locale e se l’autorizzazione concessa a scopo lavorativo non costituisce abuso nei confronti delle limitazioni imposte dal regime ’internamento”, in ogni caso, è ammessa la possibilità di lavorare a condizione che la somma del sussidio giornaliero e dell’eventuale salario per lavoro non superi la paga percepita dalla manodopera locale. In pratica, oltre a sequestrare i loro averi, si rende difficoltoso anche trovare un lavoro autonomo: li si vuole affamati e senza la possibilità di fuga… praticamente, in trappola!
In seguito alle disposizioni di cui al decreto prefettizio citato, Jakob presta manodopera a partire dal 21 agosto 1942 presso l’azienda agricola “Eredi Barbiano conte Antonio”, alla cascina Campagna. Per questa occupazione riceve un salario giornaliero di L. 20,15, “notevolmente superiore” (!) al sussidio di L. 6 al quale la famiglia aveva diritto per i due figli; pertanto, dal primo settembre di quell’anno il sussidio viene sospeso, nonostante le rimostranze del capofamiglia, Isacco.
Si tratta, evidentemente, di un lavoro stagionale perché un mese dopo, nel settembre 1942, Jakob risulta dipendente presso l’azienda agricola del Commendator Stefano Dozzio, almeno fino all’estate successiva, quando la Questura chiede al Podestà di verificare se egli sia idoneo al lavoro; ovviamente, essendo già occupato, la visita di controllo richiesta viene giudicata inutile.
26 giugno 1943
Forse per aggiornare gli schedari, viene richiesto lo stato di famiglia degli Sturm, se abbiano figli o parenti residenti con loro. Si stanno intensificando i controlli anagrafici, evidentemente si vuole una catalogazione precisa da trasmettere al Ministero dell’Interno, forse per procedere già alle prime deportazioni.
Nell’ottobre 1943 la corrispondenza tra la Questura e il Commissario Prefettizio, ha come tema la ricerca dei documenti della famiglia Sturm; in particolare si chiede conto del permesso di soggiorno di Jakob, rilasciato dalla questura di Milano nel 1936, che deve “assolutamente” essere restituito alle autorità perché, “come è noto, agli internati non è concesso tenere documenti di identificazione e simili”.
Jakob dichiara di aver smarrito il documento al suo arrivo al campo d’internamento a Ferramonti, così come è accaduto per il passaporto dei suoi genitori, consegnato alle autorità del campo e mai più restituito agli internati; l’insistente richiesta di restituzione di tali documenti assume, quindi, un carattere a dir poco grottesco. Ma, evidentemente, si teme una fuga, nel momento in cui si stanno già mettendo in atto le prime disposizioni che porteranno all’attuazione del piano di eliminazione degli ebrei.
La signora Rita, classe 1934, non ha ricordi vissuti in prima persona da riferirmi, ma mi riporta ciò che le è stato raccontato negli anni da suo suocero Giovanni.
“Sono a conoscenza della permanenza a Belgioioso della famiglia Sturm grazie ad un caro ricordo che custodisco e che tramanderò ai miei figli e ai miei nipoti”.
La signora Rita conserva un’enciclopedia di undici volumi edita dal 1933 al 1939, integra in tutte le sue parti e fortunatamente in buono stato, che Isacco volle dare a suo suocero in segno di amicizia.
“Mi è stato sempre raccontato che Isacco era una persona molto colta e voleva che anche i suoi figli lo fossero, nonostante venisse loro proibito di frequentare la scuola dopo l’emanazione delle leggi razziali nel 1938.
Per questo acquistò un’enciclopedia, interamente scritta in lingua italiana e corredata di figure e disegni esplicativi. Probabilmente iniziò a comperare i primi volumi subito dopo il suo arrivo a Milano.
Non so per quale motivo fosse amico di mio suocero, forse perché Nissim e mio marito Daniele, coetanei, frequentavano l’oratorio; un giorno, poco prima della deportazione, probabilmente quando intuì che anche per la sua famiglia la sorte era ormai segnata, volle lasciare un ricordo all’amico e gli donò la preziosa enciclopedia. Mio suocero l’accettò e ricompensò Isacco con una somma di denaro, anche se lui non voleva.
L’enciclopedia, negli anni, ritornò utile ai ragazzi della mia famiglia per i loro studi. Nonostante nel corso della mia vita abbia più volte traslocato, ho sempre voluto trovare un angolino dove poter mettere gli undici volumi, che ogni tanto sfoglio”.
Eseguito!
Colpisce, in tutta questa vicenda, la fredda e distaccata, ma determinata e scrupolosa dedizione agli “adempimenti burocratici” profusa nel registrare schede anagrafiche per ogni casellario, nell’appuntare arrivi, partenze, uscite, trasferimenti, spostamenti.
La preoccupazione principale, come evidenziano anche le annotazioni sulle varie richieste di aggiornamento dei dati, negli scambi tra Comune e Questura, è quella di sostituire i cartellini presenti nei relativi schedari e in quelli del Ministero dell’Interno, con quelli aggiornati, che catalogavano doppiamente persone come gli Sturm sia nei registri degli ebrei, che in quelli degli stranieri.
Con meticolosa e diligente precisione, ornando i margini dei comunicati di ripetuti ”sollecitato” e “eseguito”! Ci si sofferma ai nomi, nessuna considerazione per le persone che rappresentano e per il dramma che stanno vivendo; le identità cancellate ben prima della loro riduzione a numeri.
21 dicembre 1943
L’anno si chiude con un documento, conservato in velina nel Fondo Questura dell’Archivio di Stato di Pavia, che, inaspettatamente, riporta un briciolo di umanità nella vicenda:si tratta di un “fonogramma a mano” nel quale il maresciallo Francesco Coltella, comandante della Stazione dei carabinieri di Belgioioso, dichiara che, a causa dei motivi di salute di Isacco e Pessla Sturm, non si è provveduto al loro arresto in quanto non si trovano nelle condizioni di essere trasportati in campo di concentramento, e chiede di soprassedere, per il momento, al fermo dei due figli dato che contribuiscono al mantenimento dei genitori.
Per avvalorare questa insolita richiesta, il maresciallo testimonia che “la loro condotta è irreprensibile” e “la loro vita ritiratissima”. Dalla Questura non se la sentono di autorizzare una simile istanza, che viene allora trasmessa al Ministero dell’Interno. Non conosciamo la risposta, ma sappiamo che gli Sturm rimangono a Belgioioso ancora un anno, insieme.
Quando ho trasmesso questo documento a Pessla Sturm, figlia di Jakob, la sua immediata e commovente riflessione è stata, molto semplicemente: “hanno guadagnato ancora un anno insieme...” come a dire che quel tempo conquistato non è servito a salvare le loro vite, ma è stato vissuto come un dono prezioso.
4 dicembre 1944
E’ già successo tutto. Non ci sono più. I vicini hanno visto la camionetta sulla quale sono stati fatti salire con il mitra puntato. Ma non tutti insieme. Sono “andati via” in più riprese, prelevati dalla G.N.R.O.P. (Guardia Nazionale Repubblicana Ordine Pubblico) di Pavia accompagnati da un ufficiale tedesco, come specifica il telegramma trasmesso dal comune alla Questura il 4 dicembre 1944: “prima i due figli, Jakob e Alter Nissim; poi, due giorni dopo, la madre, Pessla; infine, circa otto giorni dopo, il padre, Isacco”.
Nelle cinque righe finali del dispaccio è racchiusa la triste fine della storia, crudelmente sintetica: <<Si presume che i figli e la madre siano stati portati a Milano per poi essere internati nel campo di Bolzano; non si conosce la sorte del padre. Si presume sia stato ricoverato in qualche ospedale <<perché malato.>> In quel ripetuto “si presume” c’è il forte sentore del lavarsi le mani, per liberare la propria coscienza, per non dover giustificare scelte, sicuramente decise altrove, ma delle quali tutti sono stati complici.
La data della deportazione, riportata nel documento trasmesso dalla Questura al ministero dell’Interno il 30 gennaio 1944, è il 10 ottobre 1944.
Ad arrestare i componenti la famiglia Sturm, si scrive, sono stati “elementi dell’Ufficio Politico della G.N.R. per ordinedel locale comando delle S.S. germaniche al quale sono stati consegnati”. Ancora una volta, si declinano le responsabilità.
l ricordo della deportazione è nitido: le persone che raccontano si interrompono più volte. Brevi silenzi, occhi lucidi...
“Quel giorno io e i miei amici eravamo come al solito a giocare sulla strada (allora, molto raramente passavano le macchine) e all’improvviso arrivò una camionetta con a bordo tre uomini, tre fascisti (mi precisa). Con veemenza scesero imbracciando il fucile e si diressero all’interno dell’abitazione degli ebrei.
Noi bambini, incuriositi ci appostammo vicino alla finestra che dava sulla strada per vedere che cosa stesse succedendo. Dopo pochissimi minutii vidi che venivano caricati sul mezzo, ma non mi accorsi di nient’altro, perché Iside, la mamma dell’Armando, venne a prendere noi bambini e ci allontanò portandoci in casa.
Da quel momento non seppi più nulla di loro.
Solo qualche anno dopo venni a conoscenza che Jakob, il figlio maggiore, ritornò a Belgioioso, per cercare i suoi familiari e venne ospitato per qualche notte a casa di una famiglia di Via Strambio.
Io, personalmente, non l’ho mai più incontrato.”
Angelo
“Ricordo quando li deportarono... Qualche giorno dopo vennero delle persone a sgomberare l’abitazione: io e mia sorella dalla soglia del cortile potemmo assistere a tutta l’operazione.
Venne acceso un grande fuoco al centro “della corte”, sul quale venivano gettati abiti, piccoli suppellettili, biancheria, ma soprattutto venivano bruciati libri, tanti libri, tutti molto belli, con la copertina vellutata e ben rilegati. Mia sorella, più grande di me, voleva correre verso il fuoco e salvare qualche volume, un po’ per ricordo e un po’ perché di libri così ben tenuti non ne aveva mai visti. Le persone che inesorabilmente proseguivano il loro lavoro le impedirono di avvicinarsi e a malincuore fu costretta a cedere, permettendo che tutti i libri venissero arsi”.
Maria Luisa
“Dal giorno in cui vennero prelevati dalla loro casa, non seppi più nulla della famiglia Sturm; anche in famiglia non ne parlarono più...
Solo molti anni dopo, quando già ero adulta, mia mamma accennò al fatto che aveva saputo che Jakob, sopravvissuto ad Auschwitz, era ritornato a Belgioioso.”
Piera
“Qualche giorno prima della loro deportazione Isacco andò a casa dei miei nonni per portare loro un dono come ricordo, due candelabri (Menorah), ma la nonna li rifiutò, per timore che qualche “malintenzionato”, venuto a conoscenza del dono, potesse sottrarli o peggio muovere pesanti accuse”.
Franca
Partiti per altra destinazione
Sono “spariti” da oltre un mese quando la notizia che gli Sturm “sono partiti per altra destinazione” si diffonde e giunge al proprietario della casa che occupavano in via Strambio, residente a Torino, il quale scrive al Podestà manifestando preoccupazione per la mancata riscossione del canone di affitto di oltre un anno, del quale chiede conto al Comune, perché asserisce di aver avuto rassicurazioni da parte di un impiegato che il Comune stesso avrebbe provveduto a risarcirlo nel caso in cui gli affittuari fossero stati inadempienti.
Egli tiene a sottolineare che anche l’arredamento della casa è di sua proprietà! Quello stesso arredamento che, sotto gli occhi dei vicini che assistono impotenti e mortificati, verrà bruciato insieme a libri e oggetti appartenuti a Isacco, Pessla, Jakob e Alter Nissim.
Fine della storia.
”Vennero prelevati da casa un giorno d’inizio autunno e di loro non seppi più nulla”. Qualche tempo dopo la fine della guerra, venni a sapere dal signor Lino Zanaboni che Jakob era sopravvissuto ed era tornato a Belgioioso.
Lo incontrai in un’altra occasione: ero in giro per il paese e lui era davanti al negozio di Cova; aveva una bicicletta e, forse incalzato da qualcuno, accennò brevemente a me e ad altri uomini che evidentemente lo conoscevano, il suo periodo di permanenza nel campo di concentramento. Ci disse che non potevamo capire fino in fondo ciò che ci stava raccontando perché quello che aveva visto e vissuto non poteva essere né descritto né immaginato. Raccontò che poco tempo dopo il ritorno da Auschwitz, si era recato prima in Polonia per cercare i genitori e il fratello e, non avendoli trovati, era ritornato a Belgioioso, sperando di poterli incontrare nuovamente. Ma purtroppo ebbe l’amaro verdetto: era ormai rimasto solo”.
Giovanni
Nel ricordo di mio padre, Lino Zanaboni, l’inaspettato incontro con Jakob a Belgioioso nel dopoguerra, come mi è stato raccontato e come in parte trascritto in un capitolo del suo libro
“Belgioioso nella Resistenza” (1995).
“Conobbi i due figli della famiglia Sturm perché li incontravo all’oratorio, allora diretto da don Vincenzo Perego, noto prete antifascista, che ebbe noie dai fascisti locali perché ascoltava radio Londra.
Alter Nissim era un ragazzo e lo conobbi poco. Il fratello Jakob, invece, lo conobbi bene e lo frequentai, fino al giorno in cui venni chiamato a militare. Al mio ritorno seppi che erano stati deportati e non li vidi più.
Un giorno, molti anni dopo, un ingegnere di origine viennese, rappresentante di un’azienda che mi forniva prodotti chimici per l’edilizia che utilizzavo per la fabbricazione di piastrelle, le famose “marmette”, mi disse che la volta successiva sarebbe tornato in compagnia del suo “capo” perché desiderava conoscermi. Per un attimo pensai che dovevo essere un buon cliente! Quando venne quel giorno, mi presentai a questo signore stringendogli la mano ed egli, senza lasciarla, mi guardò negli occhi e mi chiese: “Tu non ti ricordi di me, vero?”. Rimasi sorpreso e cercai di ricordare quel volto quando, togliendomi dall’imbarazzo, mi disse: “Sono Jakob Sturm”. Parlammo di lavoro, poi mi raccontò che i genitori ed il fratello erano morti in campo di concentramento, ma capii che ricordava malvolentieri quel triste e luttuoso periodo e non insistetti con le domande”.
Attilia
Cosa avrà pensato Isacco, quando ha deciso di lasciare la Polonia, nel 1936, nella speranza di trovare un luogo più sicuro per la sua famiglia? Ce lo siamo chieste più volte scorrendo i documenti che ricostruiscono la sua storia. In quanto tempo sarà maturata la decisione? Ne avrà certo discusso con Pessla, con i parenti e forse con gli amici più stretti, al suo paese natale. Cosa avrà portato con sé, per ricominciare?
Cerchiamo di immaginare il suo viaggio, in compagnia della speranza che lo guida attraverso un’Europa già ammalata di odio profondo, con il peso di una decisione così radicale sulle sue spalle.
Poi, febbraio 1936, la vita che riprende, a Milano: un nuovo negozio e, con il lavoro, la dignità. Ma non dura molto, purtroppo le leggi razziali offuscano il sogno di una vita nuova e presto arriva l’arresto e la prima deportazione a Ferramonti.
A Belgioioso, una pausa di respiro, ma è soltanto una tappa prima della deportazione finale. Era già malato, Isacco e, crediamo, stanco, anche se aveva solo 53 anni! Stanco di resistere alla bestialità della disuguaglianza ma, forse, ancora pronto a fuggire. Non ci fu il tempo. Ci siamo chieste, più volte, se si sia mai pentito di essere venuto in Italia…
L’idea di realizzare una pubblicazione dedicata alla famiglia Sturm è nata spontaneamente, dopo aver iniziato ad approfondire le vicissitudini di Isacco, Pessla, Jakob e Alter Nissim.
La ricerca dei documenti pubblicati è stata possibile accedendo all’Archivio di Stato di Pavia, consultando la catalogazione del Fondo Questura (cart.A12-cittadini di origine ebraica- cart.1 fasc.10 per Pessla Hauser; cart.2 fasc.31 per Alter Nissim, cart.2 fasc. 32 per Jakob Sturm. Per Isacco, nella cart.2 fasc.31 è presente un’annotazione che cita “fascicolo del padre n.00414 purtroppo mancante). E’ stato poi consultato l’Archivio parrocchiale, dove sono stati visionati i Registri delle anime degli anni interessati dalle vicende. Infine, un grande aiuto, è stato fornito dai documenti che Lino Zanaboni, aveva reperito dall’Archivio Storico comunale negli anni novanta, e che in parte ha riportato nel suo libro del 1995 “La Resistenza a Belgioioso”.
Un sincero ringraziamento è rivolto a tutte quelle persone che ci hanno aiutate a ricordare e a ricostruire la quotidianità vissuta dalla famiglia Sturm nel nostro paese, regalandoci storie ricche di emozioni semplici che, insieme, abbiamo cercato di trasmettere a Pessla.
Un importante sostegno al nostro progetto è stato dato dal sindaco Francesca Rogato che ha patrocinato, accolto e concretizzato la possibilità di richiedere la posa delle Pietre d’inciampo dedicate alla famiglia Sturm; dall’ANPI Sezione di Belgioioso “Renato Codara”; da don Tino Baini che ha messo a disposizione l’archivio parrocchiale e da Maria Chiara Lodigiani che ci ha guidate nella consultazione dei documenti in esso conservati.
Infine si ringraziano AM Casali, Campus Aquae, Garden Market Via San Michele, Ottica La lente e Rabussini Giardini che con il loro contributo hanno permesso la realizzazione di questa pubblicazione.
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