PIETRE D'INCIAMPO
 
Pietra Carlo
di anni 87
 
Nato a Torre dei Negri (Pavia) il 3 marzo 1923, deceduto a Pavia il 14 maggio 2010, elettricista, vice presidente dell'ANED di Pavia. Si era battuto contro i nazifascisti nella Brigata “Paride” delle Matteoti, sino a che a Montagnana (Padova), nel novembre del 1944, era stato catturato. Nel gennaio del 1945 Pietra era stato trasferito a Verona e di qui ristretto nel campo di Bolzano-Gries, di dove il giovane elettricista era riuscito ad evadere nel marzo del 1945.
Tornato al suo paese, Carlo Pietra divenne partigiano della 168ma Brigata Garibaldi (nome di battaglia "Scampolo"), nella quale si battè sino al 25 aprile 1945, quando fu ferito in uno scontro con reparti tedeschi in ritirata.
Nel dopoguerra è stato sempre attivo nella Associazione degli ex deportati e sino alla morte ha fatto parte del Collegio dei revisori dei conti della milanese Fondazione Memoria della Deportazione.  (Fonte: http://www.anpi.it/donne-e-uomini/2657/carlo-pietra).  Tstimonianza della figlia Eralda.  Fine aprile' 45. L'una di notte. Pavia. Via Aselli. Un cigolio al portone, un fischio in fondo alle scale. Mi sono svegliato di colpo. Lo conoscevo quel fischio. L'avrei riconosciuto tra mille. Era mio fratello. Mi stava chiamando?! Ma allora, ce l'aveva fatta?! Sono corso giù a piedi nudi, in pigiama, e lui era già a metà della prima rampa di scale. Saliva tranquillo pian piano, tenendosi al corrimano. Gli sono volato addosso. Carlino mi ha scansato. "Ma come, non ti lasci abbracciare?".
Solo in quel momento mi sono accorto che aveva il torace bendato e gli occhi stravolti. "È stata dura" - mi ha detto.
NOME DI BATTAGLIA SCAMPOLO
"Per mio padre è stata dura davvero" dice la figlia di Carlo Pietra, Eralda.
"La morte gli era passata accanto infinite volte. Forse, tanto sangue e tanto orrore gli avevano tolto la voglia di raccontare. Solo una volta ha accettato di essere intervistato per una pubblicazione dell'Associazione Nazionale Ex Deportati. Qui, brevemente, ha ripercorso la sua storia di partigiano e di deportato. Ogni parola sembrava costargli una grande fatica.
Dopo l'arresto nel gennaio del '44, arruolato a forza in un distaccamento nella Wehrmacht, è riuscito a scappare dalla caserma• tedesca di Este (Padova) e si è aggregato alle Brigate Matteotti della zona di Montagnana e Castelbardo. Quando si è diretto a Legnago per scortare un aviatore inglese è stato tradito da una spia e, nuovamente catturato dai tedeschi, è stato imprigionato nel campo di sterminio di transito di Bolzano. Nell'intervista mio padre ha accennato alle scariche elettriche con cui è stato torturato nella caserma di Legnago e all'orrore del lager.
Era prigioniero politico. Come tutti i politici, sulla sua divisa era cucito un pezzo di stoffa rozzamente tagliata a forma di triangolo. Di colore rosso. Quasi uno sfregio all'antica bandiera rossa che mio padre aveva nel cuore. Il triangolo rosso, ben visibile anche in mezzo alla neve e al fango del campo di Bolzano, era il marchio della condanna a morte.
Sicuramente sapeva che prima o poi insieme ad altri politici e a centinaia di ebrei, un mitra tedesco lo avrebbe spinto alla schiena e costretto a salire su uno dei camion che ogni giorno partivano in lunghe colonne lungo le piste ghiacciate dell'est diretti a Mauthausen e Dachau. Laggiù i forni bruciavano giorno e notte.
Mio padre ci ha raccontato ben poco anche dell'incontro che ha deciso della sua vita. Da quattro mesi aveva in pancia solo fetidi crauti bolliti, unico cibo dei deportati. Nonostante la fame e la debolezza doveva
1avorare a ripulire un magazzino pieno di attrezzi, macchinari, ferraglia.
Qui ha incontrato un civile. Un operaio della Lancia ammesso ogni tanto nel campo per scambi di materiale. Questo operaio faceva parte di una cellula clandestina di Resistenza? Mio padre non ci ha mai detto niente, ma tra loro deve essersi incrociato uno sguardo, una intesa, una promessa.
Infatti quando è scappato dal campo, al di là dell'Adige, sono stati i lavoratori della Lancia a nasconderlo .... " Sei dei nostri?! ma eri partigiano?" "Sì partigiano, mi chiamano Scampolo, ero con la Matteotti in Veneto, con i Garibaldini a casa mia, in Lombardia". "Allora compagno ti aiutiamo noi, ti mettiamo sulla strada giusta, fino a Verona, va bene? ti facciamo passare come secondo autista sul camion".
Nella storia di mio padre ci sono spazi vuoti. E periodi senza parole. Di certo, come testimonia la sua qualifica di partigiano combattente rilasciata sia dalla Commissione Regionale del Veneto sia dalla Commissione Regionale di Lombardia, dopo la deportazione e la fuga, ha ripreso i contatti nella Resistenza. Si è spostato tra Veneto e Lombardia per continuare il lungo lavoro della lotta di liberazione. È tornato a Pavia, con i documenti falsi forniti dal Comando Partigiano del Veneto, solo poco prima dell'insurrezione generale. Ci ha raccontato che dal nascondiglio della Frigirola usciva solo di notte per le azioni militari, ma non sappiamo in quale di queste azioni sia stato ferito al costato. Sappiamo però che la ferita non lo ha fermato, se ne è scappato anche dall'ospedale per tornare a combattere e ha combattuto fino all'ultimo giorno. Insieme ai Garibaldini della 168°. Ai suoi compagni di sempre, il nucleo della Resistenza delle nostre campagne".
 
 
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RICORDATO NEI SEGUENTI LUOGHI:
 
Pavia via Tortona 14
Pietra d'inciampo posta il 23 gennaio 2019 davanti all'abitazione di Carlo Pietra in via Tortona 14 a Pavia....
 
Coordinate GPS del Luogo del Ricordo:
+45.193610, +09.180366
+45°11.616’, +09°10.822’
+45°11’36.96”, +09°10’49.32"
 
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Elenco Caduti