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Nato a Sestri Ponente il 9 maggio 1902 da Emilio e Maria Soragni, calderaio. È attivo fin da giovane negli ambienti anarchici e sindacalisti sestresi: milita nella locale CdL ed è sostenitore del giornale «Lotta Operaia», organo di questa. Riporta, all’inizio degli anni ’20, diverse condanne per reati comuni e per resistenza all’autorità. Nel 1922, chiamato alle armi, si rende renitente e viene condannato ad un anno di carcere. Schedato come “comunista”, per l’autorità di PS “il Ponte è da considerarsi appartenente alla categoria degli scontenti e dei ribelli, avversari silenziosi del Regime”. Nel 1936 emigra clandestinamente in Francia e si stabilisce a Marsiglia. Secondo un rapporto di Pubblica sicurezza, nell’anno successivo, Ponte si reca in Spagna a combattere nelle milizie rosse. Espulso dalla Francia, nel 1940, tenta di rientrare in Italia, ma è arrestato al confine di Ventimiglia il 3 febbraio. Viene diffidato per “sospetto favoreggiamento in espatri clandestini” e poi rimesso in libertà. Il 22 ottobre dello stesso anno viene internato nel campo di concentramento di Fabriano. In seguito viene trasferito a Ustica, poi a Pisticci e, infine a Castel di Guido. Prosciolto con la condizionale nel novembre 1942, ritorna a Sestri P. Partecipa all’attività clandestina della Federazione comunista libertaria ligure ed è tra i primi gappisti, insieme a un folto gruppo di anarchici sestresi (Bruno Raspino, Carlo Ravazzani, Emanuele Sciutto, Ernesto Rocca, Spartaco Graffioni, tra gli altri). Nuovamente arrestato viene imprigionato alla Casa dello Studente di Genova e torturato. Viene ucciso, insieme al comunista Raffaele Pieragostini, a Bornasco, sulla via della deportazione in Germania, in un tentativo di fuga, il 24 aprile 1945. Fonte della descrizione: Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; Archivio anpi Sestri P.; Archivio Storico del Centro di Documentazione di Pegli Pegli, Verbali Federazione comunista libertaria ligure; Così caddero compagni nostri, «L’Impulso», 15 apr. 1955; N. Costanzi, I nostri 600 giorni, Genova-Sestri P.; «Lotta Operaia», 17 mar. 1919. Dalle cronache dell'epoca il ricordo dell'eccidio sulla Vigentina (http://ricerca.gelocal.it/laprovinciapavese/archivio/laprovinciapavese/2006/04/20/PC7PO_PC705.html) Il convoglio, destinato a raggiungere il campo di concentramento di Bolzano, arrivò a Pavia attorno alle 7 del 24 aprile e dopo una breve sosta riparti per Milano seguendo la strada Vigentina. Nelle vicinanze di Bornasco il convoglio fu avvistato da aerei alleati e, prima che fosse attaccato, i tedeschi abbandonarono la corriera per mettersi in salvo imponendo ai detenuti di non allontanarsi dal mezzo. Non appena gli aerei iniziarono a mitragliare, due prigionieri, Raffaele Pieragostini, partigiano comunista, e l'anarchico Rinaldo Ponte, balzarono fuori dalla vettura. Il sergente SS Langmann, accortosi del tentativo di fuga, non esitò a freddarli con una scarica di colpi. Nel frattempo un nuovo raid aereo investi la colonna colpendo a morte il generale di brigata Cesare Rossi, il maggiore GiovanBattista Stallo, il dottor Renato Negri, seguace del partito d'azione, e Giovanni Napoli. Quel momento di particolare tragicità fu l'occasione propizia per 9 prigionieri di darsi alla fuga mentre altri 10 rimasero nelle mani del nemico. In un'osteria di Pontelungo, di proprietà di Giuseppe Uggè, ricevettero i primi soccorsi assistiti da don Achille Boggioni e dal medico Carlo Casalino. Il convoglio riparti e alle prime luci dell'alba del 25 giunse al carcere di San Vittore dove vi fu uno scambio di prigionieri con le formazioni partigiane. Il gruppo degli scampati volle tornare sul luogo dell'eccidio dove, il giorno 27, si stava preparando la cerimonia per omaggiare i caduti. I nazisti avevano impartito drastiche disposizioni alla popolazione di Bornasco perchè le salme fossero gettate in una fossa comune. E invece i cittadini, pur temendo rappresaglie, raccolsero i cadaveri e li composero in casse di legno acquistate con i fondi di un'improvvisata sottoscrizione popolare. I resti dei caduti, il 4 maggio, tornarono a Genova dove a Palazzo Ducale fu allestita la camera ardente che divenne meta, secondo le cronache del tempo, di un incessante pellegrinaggio popolare. |