PIETRE D'INCIAMPO
 
Bobbio - Località Ceci
 
 
 

Monumento in memoria ai Caduti posto nella frazione Ceci nel comune di Bobbio.

Gli scontri di Ceci e di Dezza.


Particolarmente significativi gli scontri avvenuti a fine gennaio 1945

(tratto da “ La Resistenza e i suoi Caduti tra il Lesima e il PO” di Ugo Scagni  ed. Guardamagna)

“La permanenza dell forze partigiane nella zona sicuramente è nota al tedeschi, che però sono abbastanza riluttanti a dar battaglia, forse perché conoscono la volontà combattiva che anima i nemici e ne temono le conseguenze. Ci provano alcune volte ma non sempre con successo. La prima volta avviene la mattina del 29 gennaio 1945 ed è il presidio del Passo Penice che, mobilitando una pattuglia di 32 uomini formata soprattutto di tedeschi e di qualche italiano, muove all'attacco dei russi e degli italiani stanziati a Ceci.

La causa di questo attacco era nata due giorni prima, quando due tedeschi, in transito sulla strada Varzi-Bobbio, erano misteriosamente scomparsi.

A Brugnoni di Bobbio i due militari erano stati affrontati da alcuni uomini della Capettini e nella circostanza un tedesco era stato catturato e l'altro ucciso. Per evitare la sicura rappresaglia tedesca, il corpo del caduto era stato clandestinamente sepolto sul posto da alcuni contadini, mentre il prigioniero era stato trasferito altrettanto clandestinamente in una cascina vicino a Dezza. In tal modo la notizia dello scontro di Brugnoni era rimasta circoscritta nella memoria di pochissime persone e solo dopo la Liberazione essa sarà resa pubblica.

I nazifascisti che ora vanno in cerca dei commilitoni, senza peraltro conoscerne la sorte, passano per Santa Maria di Bobbio, dove si fermano a far colazione a spese dei contadini del paese. Poi catturano un giovane del luogo, Giuseppe Ridella, e lo costringono a camminare con loro verso Ceci.

Avanzano guardinghi verso il paese, in fila indiana, su un terreno ricoperto da abbondanti nevicate. Sul loro cammino trovano due renitenti locali, nascosti nei capanni attigui. Sono Giuseppe Bellocchio e Armando Monfasani che vengono anch'essi catturati e costretti a marciare in testa alla colonna al posto del Ridella che così, per sua fortuna, viene liberato e può far ritorno a casa.
Scrive Tosi che ha ricostruito dettagliatamente l'episodio:

"1 due ostaggi, bottino imprevisto, dovevano servire
come protezione della colonna all'ingresso nel paese da rastrellare”

Più avanti i nazifascisti avvistano un partigiano: è il comandante dei russi, un capitano della cavalleria cosacca decorato da Stalin per meriti di guerra, che sta rientrando a Ceci dopo essere stato insieme ad alcuni contadini a prelevare acqua salata al Rio Foglino, per ricavarne il sale per i suoi uomini e per gli abitanti locali. I tedeschi, a distanza, lo colpiscono e lo uccidono senza che egli possa tentare alcuna reazione. Gli spari però mettono in allarme i partigiani di Ceci e di Dezza che possono così predisporsi, scegliendo le posizioni più congeniali, ad attaccare la colonna nemica che avanza.

All'ingresso di Ceci la colonna nazifascista viene investita dal fuoco improvviso di una postazione partigiana composta da sei russi e 15 italiani che le provoca quattro morti e diversi feriti. Purtroppo tra i morti ci sono i due ostaggi che quasi certamente sono stati i primi a cadere.

La colonna è costretta ad arrestarsi e, dopo la sorpresa iniziale, tenta di difendersi piazzando le sue mitraglie e sparando sui nemici, che a loro volta continuano ininterrottamente il fuoco. Sotto il tiro preciso delle armi partigiane, i nazifascisti si trovano subito in seria difficoltà. L'apporto dei russi al fuoco partigiano è notevole. Tra i contadini di Ceci c'è ancora chi li ricorda

"immersi nella neve quasi fino alla cintola, mentre ogni
tanto raffreddavano le canne dei fucili mitragliatori,
tuffandole nella neve”.

Poi i nazifascisti sono attaccati anche dai cecoslovacchi e da altri partigiani locali, che da Dezza sono scesi nelle vicinanze del torrente Bobbio per partecipare allo scontro.
In quest'ultima fase della lotta i tedeschi devono lasciare in mano ai partigiani alcuni uomini e una mitragliatrice Sant'Etienne, inoltre sono costretti a rinunciare ad occupare Ceci e a proseguire nella ricerca dei loro commilitoni scomparsi.

Il risultato dello scontro è salutato giustamente dai combattenti e dalla popolazione locale come un netto successo sui rastrellatori. La gioia della vittoria, però è di breve durata perché il giorno dopo i tedeschi attaccano ancora in forze, salendo da Varzi. Arrivano a Ceci in quanto stanno inseguendo un altro gruppo di partigiani della Capettini che, dopo aver tentato un attacco contro il presidio della cavalleria di Casanova Staffora, ora si è nascosto in alcune case del, paese.

I tedeschi investono Ceci dall'alto e, contrariamente al giorno precedente, non trovano alcun ostacolo sul loro cammino. Uno dei partigiani lì rifugiati, Antonio Belli, tenta di sottrarsi alla cattura con la fuga, ma è individuato dai tedeschi che lo feriscono gravemente: morirà il giorno successivo all'ospedale di Varzi.

Alcuni suoi compagni vengono invece arrestati e trascinati a Varzi per il consueto interrogatorio. Durante il tragitto da Ceci a Varzi, uno di loro, Felice Alberti, riuscirà in modo rocambolesco a fuggire dai suoi accompagnatori, mentre gli altri finiranno in carcere.”

 

 
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Coordinate GPS del Luogo del Ricordo:
 
+44.76726, +09.30126
+44°46.036’, +09°18.076’
+44°46'2.16, +9°18'4.56
 
 
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